I parametri tecnici non considerano in alcun modo le componenti del Conto Economico che abbiamo riclassificato precedentemente. Lo schema di Fig. 6 mostra invece un elenco di indici calcolati ponendo al numeratore alcuni degli aggregati economici elaborati nello schema di riclassificazione. Il quadro strutturale offerto dai parametri tecnici viene così completato da una serie di informazioni relative alle caratteristiche economiche dellazienda analizzata.
Ecco di seguito una descrizione dei parametri proposti nello schema di Fig. 6:
PLV/UL (Produzione lorda vendibile per unità di lavoro): esprime la produttività del lavoro, misurata in lire per occupato. Tanto più assume valori elevati, tanto migliore è da considerarsi lefficienza economica per addetto.
PLV/SAU (Produzione lorda vendibile per ettaro): misura la produttività della terra, e la sua analisi viene affiancata a quella dellindice PLV/UL in quanto entrambi sono parametri fondamentali che forniscono una prima indicazione sul grado di redditività dellazienda anche se occorre ricordare che nella PLV non sono considerate quelle componenti di costo che potrebbero in teoria ribaltare i risultati in termini di reddito. Inoltre elevati livelli di questi indici potrebbero derivare da un rapporto tra valori assoluti di modesta entità (es. basse produzioni su piccolissime superfici.
VA/SAU (Valore aggiunto per ettaro): evidenzia quante lire di valore aggiunto sono state ottenute da ogni ettaro di terra lavorato. Comparato a PLV/SAU, essendo inclusa in questo la categoria dei costi variabili e delle spese generali, consente di valutare indirettamente lincidenza di tali costi. In una agricoltura moderna, dove è sempre più elevato il peso assunto dai consumi intermedi (costi dei fattori di produzione variabili), un livello di questo indice superiore alla media è un positivo segnale di efficienza della gestione.
RO/UL (Reddito operativo per unità di lavoro): mostra la redditività unitaria del lavoro della gestione caratteristica. Quindi considera solo le attività derivanti dalla produzione di beni e servizi agricoli.
RN/UL (Reddito netto per addetto a tempo pieno): misura la redditività unitaria globale, estendendo lanalisi alle altre componenti reddituali atipiche o straordinarie. Dalla comparazione tra RO/UL e RN/UL è possibile dedurre immediatamente se il reddito è garantito dai processi produttivi tipici o da attività straordinarie od occasionali.
K/VA (Capitale agrario diviso il Valore aggiunto): consente di esprimere valutazioni sullefficienza degli investimenti aziendali., intesa come capacità di ottenere adeguati livelli di VA a parità di dotazione di macchine e/o di consistenza degli allevamenti (da valutare in questo caso anche lincidenza della gestione delle scorte).
Come già detto, lanalisi per indici non può essere limitata ad
una interpretazione dei singoli coefficienti, ma deve essere condotta tenendo conto che i
diversi parametri si integrano tra loro e che la comparazione tra i rispettivi valori
consente di incrociare le informazioni rendendo più incisiva lanalisi della
gestione.
Una semplice tecnica che consente di impostare una lettura
logico-interpretativa degli indici è quella conosciuta come analisi delle catene
di indici. Attraverso la definizione di
una serie di relazioni tra i parametri tecnici ed economici essa facilita la scomposizione
di un fenomeno gestionale in diverse componenti.
Formare una catena i indici è assai semplice. La procedura si basa su un semplice meccanismo di costruzioni di relazioni aritmetiche. Se ad esempio si vuole approfondire lanalisi dellindice PLV/SAU, si può introdurre un nuovo elemento (nel nostro caso le UL) collegato logicamente alle componenti dellindice, scindendo linformazione originaria in due quozienti:
Lindice alla sinistra della relazione viene definito indice capofila, mentre quelli a destra si dicono anelli della catena di indici. Si può notare che, attraverso una elementare semplificazione dei numeratori e dei denominatori, le catene di indici si riducono allindice capofila.
Ma come si interpretano le catene di indici? Analogamente a quanto
suggerito per i singoli parametri, anche in questo caso occorre trovare dei valori di
riferimento che consentano di esprimere un giudizio qualitativo con valutazioni del tipo
positivo o negativo. I livelli di comparazione possono derivare da medie di aziende
similari o di una serie storica della stessa azienda. Lanalisi viene solitamente
condotta partendo dallindice capofila confrontandolo con il livello di riferimento.
Passando poi ai singoli anelli si tratta di verificare come ciascuno di essi si
differenzia dalle medie, individuando così in maniera più analitica le cause di
difformità dellindice capofila.
Unutile indicazione può essere inoltre fornita dalla
sostituzione del valore di un anello della catena con quello dellazienda migliore (o
dellannata più favorevole) e ricalcolando quindi lindice capofila: la
variazione rispetto al valore originario consente di verificare limportanza che
assume quel particolare quoziente nel contesto.
Si possono ovviamente formare catene composte da più di due anelli
introducendo successivamente altre relazioni che si ritengono interessanti in quanto
apportatrici di nuove informazioni rispetto allindice capofila, raggiungendo livelli
di complessità notevoli come nel caso delle catene utilizzate nelle tecniche di analisi
dellefficienza aziendale.
In questa dispensa sono state selezionate alcune semplici catene che si
ritengono utili per unanalisi di bilancio basata su un numero limitato di aziende
agricole; le prime due vengono di seguito riportate.
Esempi di catene composte da più indici
Redditività per Unità di Lavoro Familiare
Redditività della terra
La prima catena (I) focalizza lattenzione sulla
redditività
per Unità di Lavoro Familiare (ULF), e la scinde in tre componenti: la redditività
per ettaro, la disponibilità di terra per lavoratore, e la quota di manodopera
extrafamiliare.
Lanalisi di questa catena consente di valutare se una
insoddisfacente remunerazione della manodopera familiare è dovuta a cause strutturali
(inadeguato rapporto terra/lavoro o eccessivo utilizzo di lavoratori avventizi o
salariati), oppure a risultati economici al di sotto delle aspettative.
Proprio lanalisi dei risultati economici è lobiettivo
della seconda catena (II). Essa è imperniata sulla scomposizione dellinformazione
derivante dalla redditività della terra in cinque anelli basati sulle componenti
del conto economico riclassificato. Il primo rappresenta la produttività unitaria della
terra: un valore al di sotto della soglia di riferimento è sintomo di una incapacità di
produrre quantità di prodotto soddisfacenti o di spuntare prezzi di mercato non
remunerativi. Il secondo fornisce unindicazione sullincidenza dei costi
variabili: quando lindice è inferiore al valore di riferimento segnala un ricorso
eccessivo ai fattori di consumo (fertilizzanti, antiparassitari, sementi, ecc.). Il terzo
anello della catena permette di verificare il peso dei costi fissi ed in definitiva di
valutare se la struttura aziendale è adeguata al livello di attività dellazienda
oppure se un eventuale sovradimensionamento grava negativamente sul reddito attraverso le
quote di ammortamento. Lanello successivo consente di valutare come incidono i costi
della manodopera, e di verificare se il ricorso a lavoratori avventizi e/o salariati è
causa di una scarsa redditività. Infine, lultimo indice si riferisce alle
componenti extragestionali che possono avere un ruolo determinante nella formazione della
redditività unitaria contribuendo positivamente (es. proventi extragestionali o
negativamente (es. oneri finanziari) alle determinazioni dellindice capofila di
questa catena.
Prima di introdurre altre catene di quozienti frequentemente
utilizzate, è opportuno presentare un gruppo di parametri di grande utilità in tutte le
analisi di bilancio: gli indici della redditività (Fig. 7).
Questi
indicatori si riferiscono in particolare alla redditività dei capitali aziendali
considerata come capacità degli investimenti effettuati di generare componenti economiche
positive e quindi reddito. Sono indici solitamente analizzati nei settori
extragricoli, ma
che trovano una valida applicazione anche nella moderna agricoltura, dove le risorse
investite sia per la loro entità che per la loro variabilità, assumono progressivamente
maggiore rilevanza.
Per il calcolo dei singoli parametri è opportuno innanzitutto fare
alcune precisazioni che riguardano sia il valore dei capitali da porre al denominatore,
sia quello del reddito al numeratore.
I valori dei capitali investiti in azienda, presenti nel bilancio di fine anno (consuntivo), misurano la consistenza strutturale al momento della chiusura contabile, ma nel corso dellesercizio vi possono essere state anche forti variazioni in seguito ad acquisizioni o cessioni (anche se il meccanismo dellammortamento tende appunto a livellare queste fluttuazioni), che rendono tali voci di bilancio poco adatte per basare su di esse il calcolo della redditività.
Il problema potrebbe essere molto complicato e richiedere calcoli
particolarmente sofisticati. Nella pratica di analisi di bilancio si segue una procedura
molto semplice: quella di utilizzare la media dei valori tra inizio e fine esercizio
(semisomma) in maniera tale da attenuare eventuali escursioni infrannuali.
Altra precisazione riguarda i redditi per le aziende agricole a
conduzione diretta: come è noto nei bilanci di queste imprese non è valorizzato il costo
della manodopera familiare, per cui nel calcolo del reddito (operativo e netto) è assente
una componente assai rilevante di costo che provocherebbe un aumento generalizzato degli
indici di redditività.
Per ovviare a questo inconveniente si possono percorrere due strade: la
prima, più radicale, consiste nel confrontare gli indici solo fra aziende che utilizzano
esclusivamente manodopera familiare: la seconda si basa su una valorizzazione delle ore
lavorate dai familiari presso lazienda, utilizzando una tariffa di mercato (es. di
un operaio avventizio), in maniera tale da reintrodurre allinterno del reddito
operativo e netto quella componente mancante di costo, rendendo comparabili gli indici di
redditività anche fra aziende che fanno un diverso ricorso al mercato del lavoro.
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Fatte queste puntualizzazioni, si può descrivere il primo indice: ROE (return on equity).
Il ROE definisce la redditività del capitale proprio e misura, per ogni lira di capitale di proprietà investito, quante ne sono ritornate alla fine dellanno contabile sotto forma di reddito netto. Lindice è preferibilmente espresso in termini percentuali per renderlo simile ad un ipotetico tasso di interesse attivo che limprenditore sarebbe riuscito ad ottenere investendo il proprio denaro nelle attività aziendali.
In effetti questo indice viene solitamente comparato con i rendimenti
sui depositi bancari della zona nella quale opera lazienda: tale comparazione in
agricoltura è spesso deludente: i bassi livelli assunti dal ROE sono sintomatici della
difficoltà per gli imprenditori del settore primario di conseguire redditi soddisfacenti
e comparabili con quelli degli altri settori economici. Bisogna considerare che il
ROE, a
differenza degli interessi attivi sui depositi, dovrebbe remunerare anche le capacità
imprenditoriali ed il rischio insito in ogni attività economica.
Esso in definitiva dovrebbe assumere livelli decisamente superiori ai
tassi bancari, altrimenti per limprenditore agricolo è economicamente più
conveniente investire in titoli di Stato piuttosto che in attività produttive. Questo
tipo di giudizio è limitato ovviamente ad una valutazione di tipo economico-finanziario
che non tiene conto di tutte quelle altre componenti soggettive (tradizione, abitudini di
vita, legame con il territorio, mancanza di alternative occupazionali, ecc.) non
quantificabili, che rendono accettabili anche bassi livelli del ROE. Inoltre bisogna
considerare che la terra rappresenta un bene rifugio che ha la particolare capacità di
valorizzarsi nel tempo e di costituire quindi una sorta di fonte reddituale nascosta per
limprenditore agricolo.
Il successivo indice, ROI (return on investments) , è formulato come rapporto tra il reddito operativo ed il capitale investito totale, ed individua la redditività degli investimenti totali.
Il reddito operativo è già stato presentato nel paragrafo dedicato alla riclassificazione del Conto Economico. Il Capitale Investito è invece costituito dal totale delle Fonti di finanziamento impiegate dallazienda, comprese quindi sia quelle messe a disposizione dalla proprietà (capitale netto o sociale) che quelle di finanziatori esterni (fornitori, banche, ecc.). Come il ROE, anche il ROI viene espresso in percentuale. Fornisce indicazioni sul rendimento del capitale in azienda indipendentemente dal soggetto finanziatore. In altre parole misura la valorizzazione di cento lire investite nel periodo intercorso, attraverso le attività considerate tipiche. Attenzione quindi! Mentre il ROE rappresenta un utile indicatore per limprenditore per verificare la sua convenienza a mantenere delle risorse in azienda, il ROI permette di valutare la capacità dellimpresa di produrre un reddito operativo adeguato al volume delle risorse finanziarie utilizzate.
Per rendere più agevole la comprensione dei due indici fin qui presentati, introduciamo ora il ROD (return on debts), calcolato come rapporto tra il totale degli oneri finanziari e le risorse finanziarie di terzi utilizzate nella gestione aziendale. Questo parametro stima il costo del denaro preso a prestito nel corso dellanno, e, se percentualizzato, è assimilabile ad un tasso di interesse passivo medio pagato dallazienda.
Dunque se il ROD esprime il costo dei finanziamenti, mentre il ROI il
loro rendimento globale, la differenza tra i due indica se lazienda è stata in
grado di generare un reddito sufficiente per pagare gli interessi sui debiti. La
differenza tra ROI e ROD viene identificata con il termine effetto
leva finanziaria in quanto consente di
evidenziare in che modo lindebitamento concorre nella formazione del reddito
aziendale.
Oltre al caso particolare in cui i due indici risultino identici
(effetto leva nullo), vi possono essere altre due circostanze:
se il ROI è maggiore del ROD significa che il reddito operativo ha permesso di coprire i costi derivanti dal denaro preso a prestito ed esiste un ulteriore margine che va a favore dellimprenditore. Se ne deduce che se anche in futuro lazienda potrà mantenere questi livelli di redditività, sarebbe conveniente ricorrere ulteriormente ai finanziatori esterni: infatti per ogni lira di debito aggiuntivo, la differenza ROI-ROD va ad incrementare il reddito netto (effetto leva positivo);
viceversa nel caso in cui il ROI risulti inferiore al ROD, lazienda non è stata in grado di generare un reddito tale da coprire gli oneri finanziari. Da un lato, limprenditore è costretto a rifondere la differenza, e dallaltro deve assolutamente limitare il ricorso a finanziatori esterni se non vuole compromettere anche i futuri risultati gestionali (effetto leva negativo).
Lultimo indice della redditività è il ROS (return on sales), formato dal rapporto tra reddito operativo e PLV, che misura la quota di reddito derivante dalla gestione tipica. Maggiore è il suo valore, migliore è stata la capacità dellazienda di conseguire prezzi di vendita remunerativi e/o di limitare i costi dei fattori di produzione.
Gli indici appena esposti possono essere combinati tra loro a formare due catene che hanno rispettivamente come indici capofila il ROE ed il ROI.
Catena del ROE
RN = Reddito netto
RO = Reddito operativo
CI = Capitale investito
CN = Capitale netto
Catena del ROI
Attraverso la prima concatenazione possiamo stabilire se il livello di
redditività dellazienda analizzata è legato maggiormente alla gestione
caratteristica (ROI), a quella atipica (RN/RO), oppure alla provenienza dei finanziamenti.
In particolare questultimo anello della catena individua il livello di indebitamento
che assume valori più elevati tanto più lindice si discosta da 1, e svolge un
effetto moltiplicatore sul reddito, incrementandolo se leffetto è positivo,
diminuendolo in caso contrario.
Con la seconda catena si
scende nel dettaglio della gestione caratteristica, individuando le componenti di
redditività dovute alla capacità di conseguire dei margini elevati sulle vendite (ROS) o
di ottenere produzioni elevate rispetto ai capitali investiti. Questultimo rapporto
viene definito rotazione del capitale investito e misura la velocità con cui le risorse finanziarie vengono
utilizzate allinterno dei processi produttivi. Tale velocità dipende soprattutto
dallindirizzo produttivo dellazienda: gli allevamenti e le ortive in serra
necessitano generalmente di maggiori investimenti rispetto alle produzioni cerealicole e
questo comporta un abbassamento dellindice di rotazione (capitali investiti più
elevati), per cui queste aziende dovranno agire maggiormente sulla redditività delle
vendite, per conseguire redditività soddisfacenti.
La gestione finanziaria delle aziende agricole è solitamente poco
analizzata, sia per le difficoltà di individuare i flussi finanziari (la contabilità
INEA si limita a rilevare i crediti ed i debiti) sia per limportanza
tradizionalmente assunta dal controllo dei costi di produzione. Si è però potuto
rilevare nel precedente paragrafo come anche le risorse finanziarie, se ben calibrate, da
un lato concorrano al miglioramento dei risultati reddituali, e dallaltro consentano
di migliorare le dotazioni aziendali che potrebbero essere limitate dalla disponibilità
di mezzi propri. Inoltre nellagricoltura moderna si sta assistendo ad una
dilatazione dello sfasamento temporale tra aspetti economici e finanziari (si pensi ai
ritardi nella liquidazione delle compensazioni comunitarie) che rende indispensabile una
valutazione attenta delle caratteristiche finanziarie della gestione. Attraverso gli
indici proposti in questo paragrafo è possibile esprimere delle valutazioni
sullequilibrio finanziario aziendale, cioè sulla qualità della gestione
finanziaria con riferimento ai due aspetti della conformità dei tempi e della provenienza
delle fonti.
Per quanto riguarda la conformità dei tempi, lanalisi è
rivolta a valutare la capacità dellazienda di finanziare gli investimenti con fonti
di durata uguale o superiore alla vita economica del bene durevole, cioè al tempo durante
il quale esso potrà contribuire alla produzione del reddito. Limportanza di questa
analisi risiede nel fatto che un investimento avrà la capacità di generare dei flussi
finanziari positivi per tutta la durata della sua vita economica, e questi a loro volta
serviranno per far fronte ai debiti, ad esempio per ricostituire il capitale preso in
prestito nel caso di un mutuo. Ma se i tempi di restituzione dei mutui sono notevolmente
più brevi di quelli dellinvestimento, con una prevalenza di flussi finanziari
negativi rispetto a quelli positivi, potrebbe accadere che lazienda non riesca più
ad avere denaro sufficiente per pagare le rate ed entrare così in crisi
di liquidità. Spesso poi questo
meccanismo sembra attirare le aziende in un circolo vizioso nel quale alla carenza di
denaro si supplisce con lindebitamento di breve periodo, peggiorando così la
situazione. Una lettura ragionata degli indici proposti qui di seguito consente invece di
verificare il corretto utilizzo delle risorse valutando dapprima il breve periodo poi il
medio-lungo.
QUOZIENTI FINANZIARI
(1) Liquidità immediate + differite
Passività correnti
(2) Liquidità immediate + differite + disponibilità
Passività correnti
(3) Passività consolidate + Mezzi propri
Capitale
fisso
(4) Mezzi propri
Capitale fisso
(5) Capitale investito
Capitale
netto
(6) Fonti di terzi
Capitale investito
Quoziente di liquidità: basato sul rapporto tra liquidità immediate e differite e passività correnti, fornisce una sintesi sulla capacità dellazienda di far fronte agli impegni finanziari immediati. Il valore di tale indice deve essere superiore ad 1, meglio se si aggira attorno all1,5 in quanto non sempre tutti i crediti possono essere immediatamente esigibili.
Quoziente di disponibilità: accoglie al numeratore, oltre alle liquidità immediate e differite, anche il valore delle scorte(disponibilità) considerate potenzialmente convertibili in denaro nel breve termine. Il livello che indica un sostanziale equilibrio finanziario è da considerarsi attorno all1,5-1,8.
In genere i problemi finanziari maggiori riguardano il medio-lungo termine: essi sono evidenziabili attraverso lanalisi dei successivi due quozienti.
Copertura finanziaria: riguarda il rapporto tra le passività consolidate e le immobilizzazioni nette, e se è superiore ad 1 indica che tutti i beni durevoli sono stati finanziati con fonti di medio-lungo termine; se invece è inferiore significa che una parte delle risorse utilizzate dovranno essere restituite nel breve periodo. Se questa condizione si protrae per più periodi contabili, lazienda rischia uno scompenso strutturale che in breve può condurre a gravi crisi finanziarie.
Quoziente del margine strutturale: assume un significato ancor più restrittivo rispetto al precedente ponendo al numeratore solo le fonti di finanziamento proprie. In questo caso un valore pari o superiore ad uno è sempre indice di equilibrio finanziario, ma occorre valutare se esiste un effetto leva positivo che consentirebbe un miglioramento dei risultati gestionali utilizzando risorse esterne.
Questo discorso si ricollega al secondo tipo di equilibrio da valutare, quello che riguarda la provenienza delle fonti di finanziamento. Si è visto in precedenza come lindebitamento non può avere sempre un significato negativo ma a seconda della redditività aziendale può essere vantaggioso per lazienda attingere risorse dallesterno. È altresì vero che maggiore è lincidenza di fonti esterne, maggiore è linfluenza che soggetti diversi dallimprenditore hanno sulla gestione ed in definitiva sulle scelte aziendali. Daltro canto minore è lesposizione finanziaria del conduttore più basse sono le componenti di rischio connesse ad una malaugurata perdita di risorse proprie.
Gli indici che consentono di misurare il ricorso dellazienda ai finanziatori sono:
Quoziente di indebitamento: è già stato introdotto in occasione delle catene di indici e rapporta il Capitale Investito al Capitale Netto: maggiore è lo scostamento da uno, più elevato è il grado di indebitamento.
Quoziente di indipendenza: fornisce uninformazione complementare al precedente in quanto esprime la quota delle fonti di finanziamento esterne rispetto alle totali. In questo caso lindice varia da zero ad uno a seconda che lazienda sia totalmente indipendente o totalmente dipendente da risorse esterne.
Non è possibile stabilire dei livelli di riferimento per questi
quozienti in quanto bisognerebbe caso per caso stabilire i fabbisogni finanziari e
valutare le opportunità che offre il mercato. In generale i valori estremi sono da
considerarsi negativi in quanto una totale autonomia finanziaria potrebbe non sfruttare
appieno il meccanismo di leva finanziaria, viceversa il ricorso massiccio a finanziamenti esterni
causerebbe una pericolosa dipendenza dellazienda da soggetti esterni che, se di
numero ridotto, sarebbero in grado di influenzare pesantemente le scelte aziendali (come
nel caso di un unico fornitore e/o committente).
Unultima annotazione riguarda le modalità di calcolo di tutti i
quozienti finanziari.
Per comodità espositiva in questa dispensa i rapporti sono stati presentati ponendo al numeratore e al denominatore i valori del bilancio consuntivo, ma poiché questi si riferiscono ad un istante convenzionale (solitamente il 31 dicembre), il loro livello potrebbe non essere rappresentativo della reale situazione finanziaria aziendale. Infatti nel caso in cui vi fosse una forte variabilità nel tempo dei flussi finanziari è opportuno procedere ad una media dei valori di inizio e fine periodo o meglio ancora a medie infraannuali se gli indirizzi produttivi sono fortemente legati a cicli stagionali.